Al momento stai visualizzando “L’APPROFONDIMENTO DI FEDERCONSUMATORI”: rubrica a cura del dott. Federico Gennari

Non molti sanno come presso l’INPS sia costituito un Fondo di
Garanzia dei Crediti del Lavoro il quale, a fronte di determinate circostanze,
è idoneo a rimborsare al lavoratore tanto le ultime 3 mensilità  non percepite
prima dell’interruzione del rapporto di lavoro (sia a seguito di licenziamento
che di dimissioni), quanto il TFR non corrisposto.

 

Le norme di riferimento sono due:

 

– L. 29 maggio 1982, n. 297, riguardante le ipotesi di insolvenza
del datore di lavoro nel pagamento del TFR;

 

– D. Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, riguardante il pagamento dei
crediti di lavoro diversi da quelli spettanti a titolo di TFR.

 

La disciplina inerente la richiesta di intervento al fondo di
garanzia diverge a seconda che ci si riferisca al TFR o agli stipendi arretrati.

 

Innanzitutto la normativa, in entrambi i casi, distingue a seconda
che il datore di lavoro sia assoggettabile o meno alle procedure concorsuali
(si fa riferimento all’assenza dei requisiti di legge idonei a richiedere il
fallimento dell’imprenditore).

 

Partiamo dall’analisi della richiesta di pagamento del solo TFR
(L. 297/1982).

 

L’art. 2 comma 1,2 della citata legge chiarisce come
“Trascorsi 15 giorni dal deposito dello stato passivo reso esecutivo …
il lavoratore possa ottenere a domanda il pagamento, a carico del fondo, del
trattamento di fine rapporto di lavoro e dei relativi crediti accessori”
(non degli stipendi arretrati non corrisposti).

 

Il legislatore, in linea generale, fa quindi riferimento alle sole
ipotesi di datore di lavoro assoggettabile alle procedure concorsuali.

 

Solo il comma n. 5 del citato art. 2 L. 297/1982 prende in
considerazione le ipotesi in cui il datore di lavoro non sia assoggetabile alle
procedure concorsuali, stabilendo che “il lavoratore può chiedere al fondo
il pagamento del TFR, semprechè, a seguito dell’esperimento dell’esecuzione
forzata per la realizzazione del credito, le garanzie patrimoniali siano
risultate in tutto o in parte insufficiente.”

 

Più semplicemente si può affermare che, se il datore di lavoro non
è fallibile ma è comunque risultato insolvente nella corresponsione del TFR
arretrato (insolvenza manifestatasi tramite verbale negativo di pignoramento),
allora il lavoratore è legittimato ad avanzare richiesta al fondo di garanzia
presso l’INPS.

 

L’esecuzione individuale ad opera del lavoratore da titolo per
l’inoltro della domanda di pagamento al fondo INPS solo se il datore di lavoro
“non è fallibile”; in tutti gli altri casi è necessaria la
dichiarazione di fallimento dell’interessato.

 

In via generale il lavoratore, al fine di dimostrare che il datore
di lavoro non è assoggettabile a procedura concorsuale, dovrà  esibire copia del
decreto del Tribunale di reiezione dell’Istanza di fallimento per insussistenza
dei presupposti (si vedano le eccezioni punto 3.1.2 lrtt. b) circolare INPS n.
74/2008.

 

Si possono quindi così sintetizzare i requisiti per la richiesta
di pagamento TFR al fondo:

 

In caso di datore di lavoro “fallibile”:

 

·        
cessazione rapporto di lavoro;

·        
apertura procedua concorsuale;

·        
esistenza di TFR insoluto.

 

In caso di datore di lavoro “non fallibile”:

 

·        
cessazione rapporto di lavoro subordinato;

·        
inapplicabilità  procedure concorsuali per mancanza dei requisiti;

·        
insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore a seguito di
esecuzione forzata (verbale pignoramente negativo);

·        
TFR insoluto.

 

A seguito della ricezione della domanda, se accolta, il Fondo paga
entro 60 giorni dalla richiesta dell’interessato.

 

Non è previsto alcun termine specifico di prescrizione o
decadenza: dovrebbe quindi applicarsi il termine di prescizione quinquennale
previsto per il TFR ex art. 2948 n. 5 c.c. ma, stante una recentissima
pronuncia della Cassazione, tale termine deve considerarsi decennale, in quanto
la corresponsione del trattamento di fine rapporto ha natura di diritto di
credito ad una prestazione previdenziale (Cass. Civ. 26 maggio 2015 n. 10824).

 

Passiamo ora all’analisi della richiesta di pagamento delle
mensilità  arretrate ex D. Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80.

 

Anche in questo caso la legge distingue tra le ipotesi di debitore
assoggettabile e non alle procedure concorsuali (ex art. 1 comma i, 2 D. Lgs.
80/1992).

 

In entrambi i casi la legge specifica che il pagamento del fondo è
relativo ai crediti di lavoro (ma non TFR) inerenti gli ultimi 3 mesi del
rapporto di lavoro rientranti nei 12 mesi che precedono la data di
proponibilità  della domanda.

 

Ed è proprio nell’individuazione di tale dies a quo (giorno
iniziale) che entra in gioco la distinzione tra debitore assoggettabile alle
misure concorsuali o meno.

 

Se il datore di lavoro è fallibile allora il dies a quo va
identificato nella “data del provvedimento che determina l’apertura di una
delle procedure indicate nell’art. 1 comma 1” (art. 2 comma 1 lett. a) D.
Lgs. 80/1992).

 

Tale data è individuata nel deposito in Tribunale del primo
ricorso che ha originato la dichiarazine di fallimento, indipendentemente dal
soggetto che l’ha proposto.

 

L’indicato termine può però essere anticipato dal lavoratore.

In particolare la Giurisprudenza di Legittimità  (Cass. Civ. n.
1885/2005 e 12634/2008) ha stabilito che “Il Fondo di garanzia (istituito
presso l’Inps e dal medesimo gestito, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 297
del 1982 e dell’art. 2 d.lg. 27 gennaio 1992 n. 80) si sostituisce al datore di
lavoro inadempiente per insolvenza nel pagamento dei crediti di lavoro inerenti
agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro rientranti nei dodici mesi che
precedono (alla luce della sentenza della Corte di giustizia Ue 10 luglio 1997,
nella causa C – 373/95), non la data d’apertura della procedura concorsuale, ma
la data di proposizione della domanda volta all’apertura della stessa
procedura, ovvero decorrenti dalla data di proposizione dell’atto d’iniziativa
volto a far valere in giudizio il credito del lavoratore, fermo restando che
tale garanzia non può essere concessa prima della decisione d’apertura della
procedura concorsuale. (Nella specie, la Corte cass. ha cassato la sentenza di
merito che aveva rigettato la domanda del lavoratore, essendo trascorsi oltre
due anni tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e l’apertura della
procedura concorsuale, senza considerare che il lavoratore si era attivato a
richiedere, entro l’anno dalla cessazione del rapporto di lavoro, un decreto
d’ingiunzione)”.

 

L’eventuale proposizione da parte del lavoratore di un ricorso
giudiziale volto all’ottenimento dei propri crediti prima del fallimento del
datore di lavoro è quindi utile ai fini dell’individuazione dei 12 mesi
inerenti il calcolo del periodo di rimborso, ma non da titolo alla
corresponsione delle somme da parte del fondo fino all’apertura della procedura
concorsuale.

 

Per ottenere il rimborso occorrerà  quindi attendere l’apertura del
fallimento.

 

Nell’ipotesi invece in cui il debitore non sia fallibile il dies a
quo va identificato nella data di comunicazione di verbale negativo di
pignoramento (ex art. 1 comma 2 D. Lgs. 80/1992).

 

I presupposti per l’intervento del Fondo sono i medesimi di quelli
previsti per il TFR mentre la prescrizione del diritto di cui sopra è fissata
in un anno, decorrente dal dies a quo (ex art. 2 comma 5 del D. Lgs. 80/1992),
ovvero dal momento in cui il diritto può esser fatto valere.

 

DOTT.FEDERICO GENNARI,

CONSULENTE DI
FEDERCONSUMATORI PARMA

 

“Realizzato nell’ambito del Programma generale di intervento
2013 della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello
Sviluppo Economico”

 

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