Tutti noi siamo abituati a temere le cosiddette “clausole
vessatorie”, ormai spauracchio di qualsiasi consumatore. Ma cosa sono in
realtà queste clausole? Quali clausole possono definirsi tali?
Si definiscono clausole vessatorie tutte quelle che stabiliscono
uno squilibrio degli obblighi derivanti dal contratto, in favore di colui che
ha predisposto il contratto stesso.
Tali clausole sono disciplinate dagli artt. 1341, 1342 del Codice
Civile e dagli artt. 33 e ss. del Codice del Consumo.
L’art. 1341 del Codice Civile (dedicato alle Condizioni Generali
del Contratto) stabilisce che“non
hanno effetto, se non sono approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a
favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità , facoltà
di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a
carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre
eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi,
tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe
alla competenza dell’autorità giudiziaria”.
Come si può vedere il legislatore si è preoccupato di tutelare la
“parte debole” del contratto prevedendo un meccanismo di doppia sottoscrizione: una
prima firma si avrà in calce al contratto; una seconda dovrà essere apposta
come specifica approvazione delle clausole oggetto di trattazione.
Tale sistema di “doppia firma” si è però ben presto
rivelato inadeguato a far fronte all’evoluzione dei meccanismi contrattuali:
sempre più spesso, infatti, si è osservato il proliferare dei cosiddetti
contratti per adesione (si fa riferimento a tutti i moduli o formulari
precompilati che vengono posti di fronte a noi solo al momento della
sottoscrizione).
Tali contratti (di cui all’art. 1342 c.c.) palesano tutto lo
squilibrio al quale è sottoposto il destinatario degli stessi, che può solo
passivamente accettarne il contenuto senza alcuna possibilità di trattativa (si
pensi ai formulari bancari, assicurativi, compagnie telefoniche…).
Anche al fine di eliminare tale squilibrio il legislatore ha
introdotto il Codice del Consumo che,con riferimento ai soli rapporti tra
professionista e consumatore, riconosce la vessatorietà di tutte le
clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un
significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto .
Le clausole così individuate, che devono essere redatte in modo
chiaro e comprensibile e devono essere valutate tenendo conto della natura del
bene o del servizio oggetto del contratto, sono considerate nulle (resta invece
salvo il contratto originario).
Ma quali sono le clausole vessatorie individuate dal Codice del
Consumo?
L’art. 33 comma 2 del menzionato codice risponde alla domanda
elencando una serie di clausole che si presumono vessatorie fino a prova
contraria. Tra le principali clausole troviamo quelle volte ad escludere o limitare la responsabilità del professionista in
caso di danno o morte del consumatorie; escludere o limitare le azioni
giudiziali nei confronti del professionista in caso di inadempimento o parziale
adempimento del contratto; escludere o limitare l’opportunità del consumatore
di compensare un debito contratto con il professionista; riconoscere al solo
professionista la possibilità di recedere dal contratto ecc…
Naturalmente il legislatore ha enumerato delle deroghe a tale
generale principio di vessatorietà .
In particolare l’art. 34 comma 4 afferma come “non
sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto
di trattativa individuale” (il
che, generalmente, conferma la vessatorietà delle clausole insite nei formulari
prestampati).
La dimostrata trattativa individuale tra le parti (come la doppia
sottoscrizione di cui all’art. 1341 c.c.) è quindi generalmente idonea a
elidere la generale presunzione di vessatorietà delle clausole sopra elencate.
Anche in questo caso però vi sono alcune tassative ipotesi in
presenza delle quali la legge riconosce la tassativa nullità della clausola,
anche se oggetto di trattativa personale tra le parti. Si fa riferimento
alle circostanze di cui all’art. 36 comma 2 Codice del consumo:
·
l’esclusione o la limitazione della responsabilità del
professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore risultante
da un’omissione o da un fatto del professionista stesso;
·
esclusione o limitazione delle azioni del consumatore nei
confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento
totale o parziale o di inadempimento inesatto del professionista;
·
prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che
non ha avuto, di fatto, la possiilità di conoscere prima della conclusione del
contratto.
Tali clausole sono sempre nulle.
Ma allora che rapporti vi sono tra la disciplina di cui al Codice
Civile e quella del Codie del Consumo?
Le menzionate norme non fanno altro che integrarsi l’una con
l’altra.
È lo stesso Codice del Consumo, all’art. 38, ad affermare infatti
che la disciplina codicistica, per quanto non espressamente previsto dallo
stesso Codice, rinvia espressamente
alle disposizioni del Codice Civile.
Risulta ad ogni modo necessario sottolineare alcuni elementi
comuni e differenziali tra le due discipline.
In primo luogo le clausole di cui agli artt. 1341, 1342 c.c. sono
considerate inefficaci salvo specifica approvazione per
iscritto, mentre quelle di cui al Codice del Consumo sono nulle a prescindere dalla sottoscrizione (il
discrimen è qui la trattativa individuale tra le parti).
Inoltre la nullità di queste ultime è rilevabile d’ufficio dal
Giudice, mentre non è autonomamente rilevabile in ambito civilistico.
Infine elemento comune ad entrambe le discipline è la trattativa
individuale tra le particonsiderata idonea ad escludere il carattere vessatorio
delle clausole (doppia sottoscrizione civilistica), in ragione del venir meno
dell’unilateralità della predisposizione
contrattuale, come espressamente indicato dall’art. 34, comma 4, del codice del
consumo e desumibile dai principi civilistici.
Dott. Federico Gennari
“Realizzato nell’ambito del Programma generale di
intervento 2013 della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del
Ministero dello Sviluppo Economico”